Della Battaglia della Nebbia e di quando Enrico IV si umiliò a Canossa
Di vapori bassi e lattiginosi ne hanno sicuramente saputo qualcosa i soldati impegnati in quella che fu denominata, con fantozziana ironia, la Battaglia della Nebbia.
Correva l’anno 1092 e in località Sedignano, nel comune di Reggio Emilia, l’esercito di Enrico IV di Franconia, imperatore del Sacro Romano Impero, e quello della cugina Matilde di Canossa si scontrarono, il primo per cercare di prendere la rocca di Canossa e il secondo per difenderla.
Fu un evento particolarmente importante, tanto da cambiare il quadro storico e sociale all’interno della lotta per le investiture (il serrato scontro, avvenuto in tempi medioevali, tanto sul fronte politico quanto su quello militare, tra Papato e Impero sulle nomine di vescovi e Papi).
Ad essere sconfitto fu il reggente teutonico (le forze di Matilde riuscirono a tenere la postazione sul monte Giumigna, verosimilmente immerso nella nebbia da non vedere a un passo, come vuole la tradizione) che, a circa un decennio dalla fine della battaglia, abdicò a favore del figlio (Enrico V), il quale, sempre per ironia della sorte, incoronò qualche tempo dopo (1111) la stessa Matilde di Canossa, donandole il titolo di Vicaria imperiale d’Italia.
Tra l’altro è curioso notare come la Battaglia della Nebbia sia stata l’apice di un rapporto contrastato tra Enrico IV e sua cugina. Nel 1077 infatti, quando non era ancora imperatore, Enrico venne scomunicato da Papa Gregorio VII, perché qualche anno addietro aveva assegnato, di sua volontà e invadendo il territorio di competenza ecclesiastica, il posto vacante di vescovo alla diocesi di Milano, mandando su tutte le furie l’altro prelato, cioè il sopracitato Papa, e scatenando la lotta per le investiture che durò parecchi decenni.
Per tornare nelle grazie di Gregorio VII, Enrico decise di andare a Canossa a fare penitenza e incontrare il Papa, il quale, dopo aver fatto aspettare al gelo Enrico tre lunghi giorni, revocò la scomunica grazie anche alla mediazione di due donne, una delle quali era proprio Matilde (l’altra era la suocera del futuro imperatore). Spesso definito ben poco dignitoso, in realtà l’atto di Enrico (passato alla storia come l’umiliazione di Canossa) può essere visto anche come una sua mossa politica per ottenere l’appoggio del clero e avere quindi maggiore libertà di manovra, in un contesto di anarchia politica come poteva essere quello dell’epoca.
Certo è che – da quel lontano gennaio 1077 – l’espressione andare a Canossa significa fare penitenza, redimersi per qualche marachella che si è combinata.